Le “Ordinate Stagioni” di Leone D’ambrosio

Le “Ordinate Stagioni” di Leone D’ambrosio
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“Leggendo i versi commossi (aggettivo per difetto) che Leone D’Ambrosio dedica a sua madre, ho offerto all’amico poeta il massimo riconoscimento possibile: l’identificazione simpatica o simpatetica con quel suo sentire specifico. Mi ero messa, insomma, sulla sua stessa lunghezza d’onda, ritrovavo le ore della morte di mia madre, le sue parole erano le mie, a lampi sua madre era mia madre.” È quanto si legge nella bella prefazione della più grande poetessa italiana Maria Luisa Spaziani all’ultima raccolta di poesie di Leone D’Ambrosio, dal titolo “Ordinate stagioni”, pubblicata dalle Edizioni Ensemble di Roma, suddivisa in due parti (“In tua memoria” e “Ninfa inattesa”) e che ha anche un saggio critico dello scrittore Eraldo Affinati. Il libro di Leone D’Ambrosio sarà presentato in anteprima alla XXVII edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino che si terrà dall’8 al 12 maggio prossimo presso il Lingotto Fiere di Torino. La Spaziani conclude, scrivendo che: “Nella poesia di D’Ambrosio si sente che la radice è profonda e inamovibile come quella della quercia. Sia nomade, zingaro o fuggiasco il poeta che scrive non può mentire, come in parte si fa nella poesia d’amore, magari degradandosi in ricordo la fiamma originale. La base delle nostre esperienze e vicende personali è la memoria e se nei versi commossi di Leone D’Ambrosio ho ritrovato mia madre, è perché la poesia è come la preghiera, t’astrae da quello che è immediatamente esultabile e la morte non è che da considerare un momento in cui si parte per un viaggio senza sapere dove andiamo.”

Per Leone D’Ambrosio, che vive a Latina, scrive per diverse riviste letterarie ed è ricercatore in italianistica presso la facoltà di lettere e filosofia dell’università di Roma Tor Vergata, è l’undicesimo libro pubblicato in Italia, altri sono stati editi e tradotti anche in Francia, Venezuela, Spagna e negli Stati Uniti. I suoi testi sono stati apprezzati sin dagli esordi da Libero De Libero, Natalia Ginzburg e da Stanislao Nievo, Alberto Bevilacqua, Rosetta Loy, Giorgio Bàrberi Squarotti, Giuseppe Bonaviri, Maurizio Cucchi e in Francia da Yves Bonnefoy e Philippe Jaccottet. Vincitore di importanti premi in Italia e all’estero (“Circe-Sabaudia”, “Sandro Penna”, “Frascati-A. Seccareccia”, “Rhegium Julii”), in questa raccolta, vi sono, inoltre, alcune testimonianze critiche di affermati poeti e scrittori (Jean-Charles Vegliante, Davide Rondoni, Paolo Di Paolo, Elio Pecora e Antonio Riccardi) riferite proprio alle 80 poesie dedicate alla madre che compongono “Ordinate stagioni”. Nella sua interessante e corposa nota critica, Eraldo Affinati mette in risalto il “pensiero dolente” di Leone D’Ambrosio: “Stazione finale del pensiero dolente resta, in Si consumò l’eterno, l’intuizione della matrice genetica: “Tutto iniziò nel tuo ventre, / come l’uva e le sue radici” dove la vita si compie e si riannoda, senza pretese d’esclusività individuale, ma nella sapienza di un coro che non delude. La lucidità operativa di Leone D’Ambrosio, capace di tenere insieme i vulcani e gli aranceti, si configura quindi come una fede nella durata: “Questa è la tua terra nonostante / le tue impronte siano già al di là / del passo lento e rassegnato” (Se ci ripensi torna a casa). Forse soltanto i poeti, continuando a lavorare alla maniera di ostinati artigiani sullo stesso pezzo di legno, chini e solitari ma consapevoli di parlare a nome di chi non sembra in grado di farlo, possono ritrovare il coraggio di ricordare a tutti noi, alzando il dito verso vecchie e nuove ferite, l’idea degli antichi: la comunione dei vivi e dei morti.”


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