Gente di palude, storie di vita quotidiana

Gente di palude, storie di vita quotidiana
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Dal 9 al 23 novembre a Palazzo Emme a Latina. Come i nostri nonni vivevano prima della bonifica.

Una mostra all’interno di palazzo Emme a Latina su come i nostri nonni vivevano nelle paludi Pontine prima delle leggi fascistissime che diedero vita alla redenzione dell’Agro Pontino e di altre zone paludose in Italia, favorendo così il processo di antropizzazione e la nascita delle cosiddette città nuove, esaltazione dell’architettura razionalista.

La mostra -che verrà inaugurata sabato 9 novembre alle ore18 ed è a cura dell’Assessorato alla cultura della Provincia di Latina, della Regione Lazio e del Consorzio di Bonifica; la

cacciatore
cacciatore

dottoressa Roberta Sciarretta è la direttrice scientifica dell’evento e della rassegna- abbraccia ben 200 pannelli di grandi dimensioni che vanno dal 1,5×3 ai 100×170 metri e comprendono scene di vita quotidiana e ordinaria all’interno e all’esterno delle prime tipologie abitative della zona, dalle capanne coniche alle cosiddette lestre; un settore della mostra è dedicato alle tipologie di mestieri tipici delle paludi (mignattai, ranocchiari, boscaioli, carbonari, butteri, cacciatori, etc), e l’evoluzione degli stessi nel periodo iniziale della bonifica, quando la manodopera era divenuta necessaria e fondamentale per costruire canali e cominciare il lavoro dei campi; un’altra ampia sezione è dedicata invece alla malaria, caratteristica di quelle zone; e poi anche alla vita comune, ai momenti di socializzazione, dettati e scanditi dalla religione cattolica.

La bonifica integrale cominciò nel 1924, quando lo Stato Italiano acquistò 20.000 ettari circa dalla famiglia Caetani (il cd Bacino di Piscinara, corrispondente agli attuali territori comunali di Cisterna di Latina e Latina), che furono prosciugati dal Consorzio di Bonifica di Piscinara che avviò la canalizzazione delle acque del bacino del fiume Astura. Nel 1926 furono istituiti due consorzi: il preesistente Consorzio di Piscinara fu esteso su tutti i terreni a destra della linea Ninfa-Sisto, su un’area di 48mila ettari e, a sinistra della linea, il Consorzio di Bonificazione dell’Agro Pontino (26mila ettari), coi territori sotto il livello del mare. Fu un’impresa titanica: oltre al prosciugamento delle paludi e la costruzione dei canali, ci fu l’azione di disboscamento delle foreste e la costruzione dei nuovi centri.

“È un modo per far conoscere i mestieri di una volta e come i nostri avi sopravvivevano in una delle zone più malsane d’Italia e d’Europa –sottolinea l’assessore alla cultura della Provincia Fabio Bianchi-. In questi anni c’è stata la piacevole riscoperta dell’architettura razionalista e del mito delle città di fondazione, ma troppo spesso si è dimenticato l’enorme sacrificio patito dai primi pionieri e dalle genti che già abitavano queste lande desolate e le colline. Il nostro è fondamentalmente un omaggio a chi viveva in condizioni impossibili e che ha permesso col proprio sacrificio ad accogliere la bonifica integrale per trasformare le Paludi Pontine nell’Agro Pontino”.


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